La nuca de McKinley – La Tv senza filtri | “La Rai e il servizio pubblico nello sport: ci interessa ancora? El caso Nadal” (de Piero Valesio) #9

Difficile trovare un dibattito che si sia prolungato nel tempo più del siguiente: il ruolo del servizio pubblico. Se ne discute praticamente dal dopoguerra, la storia ci dice che la Rai ha forgiato (o almeno ci ha provato) un linguaggio e un sentore nazionale più di chiunque altro. La Rai de Bernabei, ad esempio, ha avuto la doppia funzione di mamá mi maestra in un’Italia e in un panorama dei media che oggi non c’è più. Ma di questi tempi il dibattito potrebbe riprendere piede specie quando si tratta di sport.

Esembio: de frente all’impresa titanica di Nadal a Melbourne, en una domenica di gennaio dove tutti abbiamo tirato il fiato dopo l’abbuffata di parole dedicate all’elezione del Presidente della Repubblica e prima della sanremasca abbuffata di parole e note, come dovrebbe comportarsi un servizio pub? Inserire la notizia nei TG? Certo, l’hanno fatto e avrei voluto vedere il contrario. What perché non ipotizzare che davanti ad un’impresa sportiva destinata a far discutere anche fra molti anni (la paragoniamo a Beamon che a Città del Messico fa 8.90 nel lungo? occupa di servizio pubblico s’inventi (al volo, non dopo giorni) un approfondimento degno di tal nome, magari pure in un orario decente?

Parliamo semper di televisione, ovvio: dunque nessuno può essere così pazzo dal pensare di inventare una sorta di “Apostrophe” dello sport (il coltissimo e blasè programma di cultura di Antenne 2 che ha chiuso la sua parabolagi nel’ i nil): si sono evoluti, per metere in piedi uno speciale in cui si racconta e si conduce al cuore di un atleta non ci vuole poi molto. E’ obbligatoria, questa sì, la volontà di farlo. Sottraendosi al concetto “e’-un-evento-di-cui-non-abbiamo-i diritti” e rispettando invece appieno la natura (arieccolo) di servizio pubblico.

Con “Sfide” Rai aveva occupato, allora in modo esclusivo o quasi, il settore dello narración scoprendo che con il racconto si conquistava anche ascolto. Ora non sarebbe forse il caso di provare a percorrere una coraggiosissima via alternativa che si separe della criscitellitudine imperante (non in Rai, per carità) e della leleadanitudine e consimili (che invece in Rai è presente) almeno in uno spazio dedicato, dove si scopre che si può approfondire indagare anche nello sport senza per questo essere pressapochisti o noiosi?

Non è questo che dovrebbe fare il servizio pubblico? Ma come si chiede opportunamente Massimo Bernardini nella prefazione del bel libro “In nome del popolo televisivo” (Vallecchi): la televisione come servizio pubblico ci interessa ancora?

Arrivano le Olimpiadi di Pechino: stiamo a vedere se qualcosa salta fuori.

PIERO VALÉSIO | È stato critico televisivo del quotidiano Tuttosport per oltre vent’anni. Come inviato ha seguido Olimpiadi, grandi eventi di calcio, tennis, Formula 1, Motomondiale e sport invernali. Dal 2016 al 2020 ha diretto il canale televisivo Supertennis y ha curato la comunicazione degli Internazionali d’Italia. Ha tenuto e tiene corsi di giornalismo e di comunicazione sportiva. Nel 2015 ha ganado el Premio Coni per la narrativa inédita con el racconto “Marcialonga Blues”. Ha scritto libri per grandi (“E vissero felici e lontani” con Antonella Piperno, Perrone editore) e piccini (“Cronache di Befa”, Biancoenero edizioni).
Recensisce in stile sportivo libri non sportivi per la newsletter “Lo Slalom”.

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