«La mia vita in Messico da dieci anni. Amo l’Italia, ma si ricorda di noi ricercatori solo quando otteniamo risultati importanti»

“La decisione di andare vía dall’Italia per continuare a fare ricerca l’ho presa rapidamente. Se ci avessi pensato su un po’ di più probablemente non avrei avuto il coraggio di lasciare tutto e andare in Messico». rosanna bonasiaricarceratrice di origini pugliesi, ha lasciato l’Italia nel 2010. Oggi, a Ciudad del Messico, è professoressa all’Istituto Politecnico Nazionale, dove coordina il progetto che riguarda l’applicazione del super computer per il calcolo di danni causati da processi di interazione solido-fluido. «L’Italia – sorride – potrebbe fare molto di più per la ricerca».

Rosanna ha 44 anni ed è nata a Bari. dopo la laurea en Ciencias geológicasla especialista, el dottorato y el maestro en Termofluidodinamica a Roma, si è trasferita all’Instituto Nacional de Geofísica y Vulcanología a Nápoles, facendo le sue richerche nel campo della fluido dinamica computazionale. “Arrivata in Messico ho lavorato sull’analisi della dispersión de escenas de vulcani attivi e sul calcolo del rischio relazionato».

Undici anni fa il Messico investiva molto nella ricerca, ricorda Rosanna. “Era un Paese attivo da questo punto di vista. C’era tanto da fare e da studiare ei miei primi anni lì sono stati molto stimolanti”. Poi, con il passare del tempo, si è resa conto che il Messico es símil all’Italia sotto molti puntos de vista. «Ho sperimentato gli stessi problemi di molti miei colleghi che sono rimasti in Italia e sono stati precari per tanto tempo». Eppure la prima borsa di post-dottorato en Messicospiega, “era molto più alta dell’assegno di ricerca che ricevevo in Italia».

Oggi Rosanna si occupa di trovare soluzioni che minimizzino i danni causati da inondazioni e tsunami: “Calcolo le energie estribili dalle correnti oceaniche, mi avvicino a tutto ciò che ha a che appnumerici con i fluidi modeli”. Il suo contratto forse “non esiste in Italia”: “Un organismo símil al Cnr italiano mi ha assunto per prestarmi ad una istituzione universitaria. Svolgo le funzioni di un professore/ricercatore e usufruisco di un incentivo (che è un extra rispetto al mio stipendio) che cresce quanto più cresce la mia produzione Scientifica”.

En Messico la pandemia ha avuto un forte impatto, spiega Rosanna, su tutto il settore educativo a livello nazionale: nell’istituzione presso la quale lavora, ad esempio, non sono ancora iniziate le lezioni in presenza. Città del Messico es enorme: “In genere ci metto circa un’ora per raggiungere il mio ufficio. Rispondo alle mail e ricevo gli studenti o faccio lezione. Il pomeriggio lo dedico allo studio e al lavoro dei miei articoli”.

Il rapporto con l’Italia per Rosanna è quello di una figlia adolescente con un genitore. “Amo il mio Paese ma siamo sempre en contraste. Non riesco a prendere le cose così come sono, accettare passivamente gli eventi». L’Italia – aggiunge – dovrebbe gastado molti più soldi per laboratori, progetti, salari dei ricercatori. “Spesso il lavoro che noi ricercatori facciamo viene riconosciuto solo quando otteniamo risultati importanti, come il recente premio Nobel per la fisica di giorgio parisi“.

Rosanna ricorda le notti insonni per preparare gli esami “che duravano ore”, professori e direttori esigni. “Abbiamo stdiato con programmi rigorosi e completi, la formazione universitaria della mia generazione è di altissimo livello. Eppure – continua – molti di noi quando decidono di tornare si scontrano con un nuovo scoglio: la capacidad científica nazionaleche ti costringe ad inserirti in una determinata categoria Scientifica nonostante i nostri percorsi all’estero siano spesso multidisciplinari».

In questo momento Rosanna si trova a Bari per svolgere un anno sabbatico di ricerca al Politécnico. Avrei potuto scegliere di fare questo anno di ricerca altrove, ma ho deciso di tornare a casa perché mi mancava. Tornare in Italia mi ha ridato forza e stimoli per fare tanto ancora. Nonostante tutte le mie esperienze all’estero, in Italia mi sento sicura. Ho trovato al mio rientro una gentilezza che non ricordavo. Un po’ di pregiudizi forse li avevo anche io. Ammetto che mi sto ricredendo». Ai giovani Rosanna consiglia di non scoraggiarsi: “Ci sono semper i momenti negativi, per tutte le generazioni”, avvisa. La sua vita non riesce a immaginarla senza la ricerca. “Spero vivamente di avere ancora la possibilità di fare ricerca quando avrò 55 anni. La ricerca mi ha resa libera. Non sarei stata capace di fare altro nella mia vita. Probabilmente avrei potuto –concluye–, ma non sarei stata felice”.

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