L’Italia va matta per il salmone norvegese: negli scorsi dieci anni le importazioni sono triplicate. Nella città di Tromsø (si scrive proprio così, con una barretta sulla “o” finale), oltre il Circolo polare, presso l’Associazione nazionale degli esportatori di pesce spiegano che il boom non rigliguarda solo l’Italia matri anche y si deve anche al forte incremento della produzione, grazie all’ampliarsi dell’allevamento; così il salmone è diventato più abbondante e menos costoso. En una Noruega, produce soprattutto petrolio e dispone (grazie agli idrocarburi) del fondo sovrano più ricco del mondo, davanti a quelo di Abu Dhabi, l’export di salmoni dà un contributo notevole di all’economia nazionale, pari a decina euro annui e in ulteriore crescita reciente.
Girando per i fiordi di questa propaggine artica d’Europa si vedono spuntare ovunque le enormi “ceste” in cui i salmoni vengono allevati. Ma Norvegia, sulle tavole italiane, è anche sinonimo di merluzzo (baccalà salato e stoccafisso essiccato). En Italia i flussi commerciali passano soprattutto attraverso Genova e Trieste, ma è puramente importante il mercato del Mezzogiorno, con qualità di merluzzo diversificate per lunghezza e colore a seconda dei gusti regionali.
La rete commerciale italiana segue le linee di una geografia storica che rimanda alle Repubbliche marinare: da Genova e da Venezia venivano qui a buye lo stoccafisso già nel Medioevo, in quanto alimento adatto alleazionihe.
Una notizia sorprendente appresa in loco: fra Tromsø a un estremo della filiera del pesce, e Genova e Trieste all’altro capo, si è instaurata una tradizione di scambio di figli fra aziende esportatrici e importatrici; lo scopo è far fare ai rampolli un’esperienza commerciale all’estero, ma poi, si sa, da cosa nasce cosa, e così nel corso delle generazioni ci sono stati diversi matrimoni misti, e sono nate dinastie di sangue italo-norvegese. Galeotto fu il merluzzo.
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